20111213

Un giorno a parola

Quando ero "piccolo" a volte passavo il pomeriggio a gambe incrociate sul letto col dizionario Zingarelli (11a edizione) spalancato davanti, sfogliandolo, aprendolo a caso, leggendo definizioni etimologie varianti di parole su parole. Ricordo poi la mia gioia nel comperare il mio primo thesaurus (con pessimo gusto titolato Dizionario Analogico), seguito dallo stupendo altro thesaurus del Reader's Digest (come tutte le opere che vantano tale firma).
Ero invaghito delle parole; l'amore per come lettere si facessero in suoni richiamanti un universo semantico poeticamente indefinito.
A scrivere ero un po' confusionario a scuola, ma prendevo voti alti perché in ogni caso di parole ne avevo tante, tante. Ogni parola il suo significato, e le combinazioni praticamente infinite si articolavano frementi in vivacissimi sciami di possibili sensi, possibili spunti di discorsi che spingevano la mente verso altro, nel continuo piacere dell'estraniazione. 
Pochi giorni fa un amico mi ha suggerito una newsletter che mi impone d'esprimere gratitudine più che sincera nei suoi confronti. Il sito è Una parola al giorno.
In un tempo di vita tale quel è questo, quando la morte si fa paura quotidiana e la vanità dell'esistenza sprona al disperato tentativo di contribuire al più grande e (sperabilmente) più duraturo organismo dell'intera specie umana, la percezione dell'attuale illeceità degli antichi pomeriggi con lo Zingarelli conferisce raro piacere all'essere iscritto a quella newsletter, che appunto mi dà quello spuntino di pura lussuria linguistica che tanto trovo caro.
A ciò aggiungo, per gli anglofoni (haimé dura si fa la vita per chi tale non vuole essere), il più completo e dunque ancor più inebriante A word a day.
Ad onore di coloro che pensano che la "realtà" sia quasi del tutto una costruzione linguistica.