20110511

Benedetti i contraddetti

La medaglia, un disco di metallo con due effigi, una per facciata; la si lancia per aria, cade su un lato, e si vuole garantire che dall'altra parte, su cui poggia sul pavimento, l'immagine è la stessa di quella che si vede.
Credeteci, e guai a voi se provate a raccoglierla!

Cazzeggiamo su: la convinzione.

Due circostanze: cerchi di convincerti o cerchi di essere convinto da qualcun altro.
Il meccanismo è lo stesso, ma il primo è più efficace.
Perché, nel secondo caso, l'altro è fuori dal tuo cervello, lo vedi che cerca di tralasciare ogni contro e enfatizza ogni pro, infarcisce con retorica i pregi e con tono dissuadente elude dai difetti. Quando cerchi di convincerti, fai la stessa cosa, verso te stesso, ma non puoi vederti mentre lo fai.
L'unica cosa di cui sei momentaneamente consapevole, in principio, e di cui poi ti dimentichi come naturale conseguenza del processo stesso di "convinzionamento", è che hai compiuto una scelta completamente arbitraria.
Il mondo, un attimo prima, è diviso tra ciò che sai di conoscere per ragione deduttiva ed esperienza empirica (e precedenti convinzionamenti), e ciò che sai di ingnorare poiché non compreso, non spiegato, misterioso, ignoto, blablabla, sospeso nell'ineffabile dilemma del "BOH!".
Ma lo stress non piace a tutti, l'incertezza è per sua natura fonte di moto emotivo, è gioco d'azzardo, è adrenalina ansia emozione paura e chissà.
Per cui l'equilibrio si spezza, il dilemma è risolto con un lancio di moneta. l'ago della bilancia pende ora da una parte, ma nulla si è mosso ne tirava il più lieve alito di vento.
Hai scelto: "preferirei che fosse vero così".
E comincia la catena degli "infatti", "in effetti". "lo sento", "è evidente", etc etc

Nell'autosuggestione dell'autoconvincimento, si sta un po' come poco dopo che si è letto il proprio oroscopo, tanto pronti a dire "è così!" in conseguenza della triste tendenza a tenere in testa già parte della verità che si crede di cercare.
ASPETTATIVA, questo ci fotte. 
È che ci mettiamo ad ascoltare se una cosa succede, e diventiamo sordi al fatto che non succeda. 
È che non ci capita di dirci: "Se io comincio a chiedermi se c'è un motivo per credere che qualcosa sia vero, perdo la mia oggettività, in quanto non guardo più i motivi a sfavore di tale credenza" (enunciato molto pomposamente, abbiamo un POLAST).

Per un osservatore esterno, la sintomatologia dell'autoconvincimento è facile a riconoscersi: 
l'esser sempre pronti a sgranare gli occhi dinanzi alla minima conferma del proprio punto di vista e a serrarli dinanzi alla minima "sconferma" del proprio punto di vista;
l'esser sempre in cerca di quanto può argomentare a favore della propria opinione e in fuga da quanto può argomentare a sfavore della propria opinione;
l'esser sempre pronti ad elogiare fatti eventi e persone che condividono le proprie scelte mascherate da idee, ed a deprecare fatti eventi e persone che non condividono le proprie scelte mascherate da idee, oppure che condividono le proprie scelte ma non il mascheramento di esse come idee;
etc e non etc
etc e non etc

Psicologica polarità, taoistico dualismo, hegeliana dialettica, qua si guarda solo un lato della medaglia.

Ed è invero incredibile la parzialità che si riesce a raggiungere conservandosi illusi di mantenere talune qualità, quali "oggettività", "pensiero critico", "capacità di giudizio"...

Per cui nessuna pratica può esser sana come il ricercare sistematicamente il confronto con coloro i quali la pensano nel modo più dissimile da noi stessi (restringendosi ai dotati di cervello e educazione al dialogo).

Segue una simpatica cabarettata del buon vecchio Carlin

Finiamo in povero stile ricordando l'inflazionata massima goethiana: 
nessuno è più schiavo di chi si illude erroneamente di essere libero

Apri gli occhi! 
Il miglior modo per svegliarti è cercare chi vorrebbe prenderti a schiaffi